Non ricordo la prima volta in cui un ombretto ha fatto breccia nel mio cuore o quando ho letteralmente assaggiato il mio primo rossetto. Mio padre spesso scherza dicendo che sono nata stringendo in una mano il telefono e nell’altra i pennelli da trucco. A Natale dei miei 10 anni, torturai lui e mia madre per farmi regalare il set di cosmetici “Barbie” con la promessa strappata a lei, di non rubarle più i prodotti dal beauty case. Nel kit, oltre a tutto l’occorrente per il viso, trovai un fantastico smalto rosso ciclamino (e non rosa, voglio precisare!) che adoravo, uno dei primissimi peel-off. Qualche anno dopo strappavo le foto di Madonna dalle pagine dei giornali, soprattutto dal mitico “Cioè”. Passavo pomeriggi interi a dipingermi occhi e labbra imitando colori e sfumature. A 23 anni, proprio mio padre mi spinse ad iscrivermi ad una scuola di trucco. Entrai nel fantastico mondo di  “Ezio Fontana make-up”. Era meraviglioso poter maneggiare piumini, boccettine colorate, palettine glitterate e mat, giocare con un’infinità di nuances, lavorare ogni volta su una modella diversa.

Tavolozza del truccatore

Tutto così poetico, originale, di classe. Avevo anche un certo talento, mi dicevano.

E poi boom!

Una gran sberla di Morfeo e il sogno va in frantumi. Io che mi vedevo già dietro le quinte della settimana della moda milanese, scoprì che non era così semplice intraprendere la carriera di truccatrice. Non una professione ma una sorta di casta, con accesso per sola discendenza. Conservo ancora la splendida borsa degli attrezzi, con logo del mio maestro in vista.

Nel tempo ho avuto poche e selezionate occasioni per mettere in pratica insegnamenti e dare sfogo al mio estro, ma nulla di continuativo o premessa per una svolta nel settore. Mi capita ancora di sfogliare il libro di Stefano Anselmo (il truccatore di Mina n.d.r.) la bibbia del buon make-up artist, per una dritta sulla forma delle sopracciglia o per rinfrescare la tecnica del chiaro/scuro.

Tutto cambia con i social network

Il web e i social network hanno rivoluzionato anche questo. Con un tutorial di qualche manciata di minuti, tutti possono diventare bravissimi e realizzare trasformazioni impressionanti. Chiunque può cimentarsi in questo fantastico mestiere, basta avere a disposizione prodotti e strumenti, uno smartphone, un po’ destrezza e via, registrare! È più che altro una corsa a chi ha più follower, una lotta all’ultimo tutorial, con la speranza di essere contattati per collaborazioni o partecipazioni come guest star ad eventi più o meno importanti, come la presentazione di un nuovo prodotto o giornate a tema.

 

Famosa anche tra i non addetti, Clio Zammatteo, tra le prime youtuber italiane a sdoganare il mestiere, ma forte a differenza di molti, di studi in Italia come designer e negli USA, New York nello specifico,  come make-up artist. Il suo è tra i blog più amati e seguiti, anche da me. Vanta tra l’altro, una linea di prodotti del suo brand “Clio make-up”, pubblicazione di due libri, un programma tv e recentemente anche l’apertura di un negozio a Milano. Ma lei è già una top di gamma.

Quell’aura da creatura eletta del make-up artist

Si può imparare a truccarsi e a truccare e si può fare anche carriera volendo, con un po’ di pazienza e tenacia. I più bravi riescono a guadagnare piuttosto bene.

Io però mi chiedo: dove abbiamo lasciato la magia, il fascino e il mistero, quell’aura da creatura eletta del truccatore professionale? Tutto, si è perso tutto, accidenti, se con due click diventi bella come la Jolie!

Io sono una nostalgica. Amo l’idea di studiare attentamente un viso, scegliere colori usare, decidere se usare un pennello piatto o a punta, valorizzare una qualità e minimizzare un difetto. Non si tratta di una produzione standard, no, è tutt’altra  cosa. L’’opera del make-up artist non può ridursi alla serialità, tenendo soprattutto conto che non tutti i volti sono adatti allo stesso tipo di lavoro. Non si può pensare di truccare la Pina Fantozzi come la Bellucci e aspettarsi lo stesso risultato (e viceversa, ovviamente). C’è un limite alla globalizzazione, che diamine!

È plasmare la creta, dipingere un quadro, creare un abito, insomma, è arte pura. Come tale necessita di studio e pratica, attenzione e impegno, perché diciamocelo pure: mica tutti nascono Picasso!

Magie con le app!

A parte tutto sono consapevole che, in questo preciso istante, una nuova stella sta ricevendo  almeno un milione di like nel suo nuovo video.

Per chi volesse faticare meno, ci sono le app. Due minuti e diventi un’altra!

Voi fate pure ma io continuerò a pensare al truccatore come dio meritevole di venerazione e correrò in profumeria a scovare quel nuovo rossetto indossato dalla Levante (sempre sul pezzo) che è davvero una delizia, non credete anche voi?