Ciao a tutti e bentornati nello streuso-spazio.
Come sapete, mi piace raccontare storie di persone capaci di rivoluzionare gli stereotipi che la società moderna ancora fatica a superare e come dire capita a fagiuolo il “caso” di Armine Harutyunyan modella armena, bersagliata da critiche, meme, insulti di vario calibro, ingaggiata dalla casa di moda Gucci. Si è scatenato il pandemonio quando proprio Gucci ha inserito la fanciulla tra le 100 modelle più belle di sempre. Ne hanno parlato tutti dal leone da tastiera sui social media (perchè così è più facile) e poi quotidiani, radio, pure il benzinaio sotto casa e la manager tutta d’un pezzo in attesa della prossima riunione, ehm, del prossimo briefing non usiamo termini obsoleti, su!
Il body shaming è diventato disciplina olimpica.
La mora fanciulla di origini armene, 23 anni ha in tasca una laurea in graphic design allo Yerevan State Institute of Fine Arts and Theatre e in casa ha sempre respirato arte grazie al nonno famoso pittore. Ha le idee molto chiare, una mente estremamente vivace e un carisma insolito per la sua giovanissima età. Ha sfilato per diversi importanti stilisti e fa la modella semplicemente perché le piace. I tratti del suo viso così ben marcati, hanno fatto gridare allo scandalo, manco l’avessero beccata a firmare assegni a vuoto. Ha sopracciglia folte, non depilate, un naso importante, labbra piccole.
Bon, è venuto giù il mondo.
Per giorni non si è parlato d’altro, pure la conferma dell’impennata dei contagi da Covid è passata in secondo piano. Tutto il mondo si è coalizzato brandendo la bandiera dell’indignazione per l’azzardo guccesco, guccino, insomma, avete capito.
E dire che il mondo della moda conta non pochi casi di modelle non propriamente “perfette”. Lara Stone ha filato per Prada, D&G, Marc Jacobs, Louis Vuitton, Missoni, Victoria’ Secret e molti altri, Georgia May Jagger, Vanessa Paradis tutte portatrici orgogliose di diastema decisamente evidente. Ve la ricordate la Vanessina quando cantava “Joe le taxi”? Tutti i visibilio per la pupetta francese con la vocetta tenerella. E quando ha pubblicizzato il rossetto Rouge Coco di Chanel? E senza scomodare la cugina d’oltralpe, la nostra splendida Ornella Muti, prima del rifacimento recente, l’imperfezione dentale se l’è portata dietro per tre quarti della sua carriera artistica.
Conoscete Winnie Harlow? Modella e attivista canadese di origini giamaicane dal corpo mozzafiato, che del “difetto” ha fatto il suo punto di forza mostrando fiera al mondo le sue adorabili macchioline bianche di vitiligine. Per dirne una, ora è una delle modelle più pagate al mondo.
Ma lista è lunga, lunghissima. Potrei elencarvi per ore nomi e cognomi di persone “brutte” trasformate in bellissime per magia.
Il punto è che se prima la cosa poteva scandalizzare poco, ora che siamo tutti capaci di usare un computer o chattare al cellulare, ci siamo investiti dell’autorità di sentenziare cosa è giusto e cosa sbagliato della vita degli altri, chi è bello e chi è brutto. Così, tanto per riempire qualche spazio vuoto della nostra giornata. E via di insulti, parolacce, commenti talmente assurdi che…aspettate, ve ne leggo qualcuno riferito ad Armine:
-pensavo fosse di Maio, vestito da donna
-Gucci fatti controllare da un medico neuropsichiatra lo faccio per te prima che sia troppo
tardi
-molti hanno il gusto dell’orrido
-ragazzi è brutta, oggettivamente parlando è un cesso
-fa schifo al…
-un pipistrello è più bello
-la Befana vien di notte…
-sembra mio zio Pasquale
-ma veramente quella ci mangia con quella bocca. Che tristezza.
E non sono i commenti più brutti. Questa ragazza ha subito addirittura minacce di morte.
Per le sue sopracciglia molto folte.
Per il suo naso pronunciato.
Per le sue labbra piccole.
Terrificante.
È vero, è stato proprio il mondo della moda a bombardarci con i suoi canoni di bellezza stereotipati. È seguendo la perfezione patinata delle super modelle che tante ragazze si sono ammalate di anoressia, per poter indossare una taglia 38 e sentirsi finalmente belle. E poi il seno piccolo da riempire una coppa di champagne, poi l’ideale di donna mediterranea che se non hai una quarta abbondante non sei femmina, passando per la pancia ultrapiatta quasi convessa, il piede piccolo alla Cenerentola e miliardi di altre immani idiozie sbandierate come diktat imprescindibile di bellezza.
La moda cambia, i costumi cambiano, l’ideale di bellezza cambia. Questo dovrebbe far riflettere. Nei meravigliosi anni ’50 le donne considerate belle erano quelle che oggi vengono definite curvy, negli anni ’80 erano i corpi androgini ad essere definiti i più sexy. Badate bene. Si parla sempre ideale bellezza femminile. Ai maschietti, come sempre, si perdona quasi tutto. Non me ne vogliano, ma è così.
Quello che spaventa è che siamo soprattutto noi femminucce le più velenose, ma questa è solo la risultante di anni, millenni di tristi imposizioni sessiste, alle quali ancora non siamo state capaci di ribellarci e vincere.
Lo stereotipo della donna perfetta vuole combatterlo proprio una casa di moda e che sia un’azzeccatissima strategia di marketing, una provocazione, un’idea innovativa poca importa. Il focus è sull’accettazione delle imperfezioni, sullo stravolgimento e ampliamento del concetto di bellezza o almeno è un inizio. Sì, perché manco Gucci ha consentito ancora ad una taglia 44 di percorrere le sue passerelle, ma qualche parte si deve pur cominciare. E perché non da un viso non comune, che non ricalchi come un fotocopia tutto quello che ad oggi viene considerato bello.
Ma poi, la bellezza cos’è se non l’immagine di ciò che ci provoca un’emozione?
Chi ha deciso che la bellezza sia una sola? Per quale motivo e quali assurde regole stabiliscono che le sopracciglia debbano essere necessariamente depilate e ad ali di gabbiano?
“La bellezza è negli occhi di chi guarda.” Oscar Wilde
Al di là di ciò che può piacere o meno, è necessario realizzare un altro concetto fondamentale: le persone meritano rispetto, soprattutto se tutto ciò che fanno è vivere la propria vita senza nuocere nessuno.
Insultare qualcuno perché non rispecchia i canoni di bellezza imposti dalla società o dalla propria mente limitata, non può più essere tollerato. La globalizzazione del concetto di bellezza è alla sua massima espressione, in questa epoca storica nella quale gli individui sono costantemente e inesorabilmente concentrati sullo schermo di un telefonino. Se esiste un modo, anche trasversale per superare questi stupidi stereotipi, signore e signori, facciamolo nostro e abbandoniamo questi preconcetti che ci voglio per forza tutti uguali, nel vestire, nel parlare, nel pensare.
Guardiamo Armine come il simbolo di una rivoluzione contro la robotizzazione degli esseri umani e impariamo ad amare gli altri per ciò che sono. Usiamo questa consapevolezza come mezzo per distruggere quella violenza feroce e inaudita riportata nei commenti sotto la foto di questa creatura e di tutte quelle ragazze che semplicemente sono, vivono e si mostrano nella loro magnifica originalità.
Durante un’intervista Armine ha confessato di aver pensato di ricorrere alla chirurgia estetica, ma di aver imparato ad accettare e amare se stessa e la sua immagine “Non ho bisogno di essere la donna più bella del mondo”. Sceglie ogni giorno di ignorare chi la attacca, sostenendo (a ragione) che certe parole scaturiscono solo da una sorta di paura del diverso, ma che preferisce far parte di questa categoria piuttosto che omologarsi al resto. “A parole è facile essere aperti al nuovo ma poi, quando si trovano davanti a qualcosa che non capiscono, non sanno come reagire e attaccano”.
I suoi interessi per il presente e per il suo futuro, non si fermano alla fine di una passerella e anche se continuassero proprio lì sarebbero soltanto affari suoi, nessuno ha diritto di sentenziare in merito. È parte di un sistema, lavora per un’azienda, tutto qui. “Io intanto mi guardo allo specchio e vedo una persona che è più di una faccia, che ha interessi, cose da dire e da fare. E che non ha tempo per chi la vuole abbattere”.
È andata oltre Armine, oltre gli stereotipi, la cattiveria, le critiche, gli insulti. Vive una vita felice anche senza i riflettori puntati addosso.
Lei sì.