Per il ritorno nel mio spazio preferito ho scelto di parlarvi del divo del momento, ma soprattutto del suo alter ego televisivo.
Qualche indizio?
Alto, moro, sguardo magnetico, fisico da Big Jim e sorriso killer che ha tolto il sonno a fanciulle e fanciulli del globo terrestre e innalzato pericolosamente i livelli i ormonali della popolazione adolescente.
Avete indovinato? Ebbene sì, sto parlando dell’attore Can Yaman (il nome si scrive CAN ,ma si legge GIAN e non sbagliatevi che s’encazza, eh?!)
Cosa c’entra, direte, il seducente giovine discendente dell’Impero ottomano in un podcast che ha per tema la lotta agli stereotipi? Mettetevi comodi, ve lo racconto subito.
Vi ricordate quando qualche puntata fa vi ho parlato di Justin Baldoni? Lui che rivendica con orgoglio il diritto degli uomini a rivelare la propria entità fragile, la necessità di superare lo stereotipo che vuole i maschietti incapaci di manifestare la parte più profonda della propria anima in nome di ciò che la società impone, ha un compare, seppur immaginario, di tutto rispetto.
Nei giorni in cui si è reso necessario per me mettere in stand-by alcuni progetti, ho avuto tempo di guardare un po’ di più la tv, spulciare nel variopinto mondo dei social network e ho scoperto il grande successo di una serie tv turca conosciuta in Italia con il nome di DayDreamer-Le ali del sogno, titolo originale Erkenci Kuş la cui traduzione letterale è Uccellino del mattino. Già sul nome si potrebbe fare una puntata perché pare che sia stato completamente stravolto in Italia, per non incappare in doppi sensi a sfondo sessuale che avrebbero suscitato dell’infantile imbarazzo.
La trama è presto raccontata. Un fotografo di fama mondiale, Can Divit, cittadino del mondo che della libertà ha fatto la sua ragione di vita, per fatalità e divertente gioco del destino incontra e si innamora della dolce Sanem che sogna di diventare una grande scrittrice, dai modi buffi e goffi, profondamente legata alla famiglia e al quartiere popolare nel quale vive da quando è nata e dal quale non si è mai allontanata. Due mondi opposti pare, che si incontrano, come nelle migliori tradizioni fiabesche. Molto meglio che in Beautifiul, tra peripezie, inganni, bugie, tra i due nasce un amore potente, travolgente. Un incontro di anime, espresso all’ennesima potenza.
Can Yaman è l’attore che impersona il bellone dal click artistico, con il quale condivide nome, fascino e intraprendenza, passione per lavoro e sport. Una sorta di gemello leggermente diverso. Ecco. Lo stereotipo dell’uomo selvaggio che non deve chiedere mai, viene deliziosamente fracassato in poche puntate quando si scopre che in realtà, il figaccione Divit non è soltanto un agglomerato di testosterone, ma un uomo sensibile, colto, capace persino di versare brucianti lacrime d’amore. È un uomo ferito da un’infanzia vissuta lontano dalla famiglia, dagli affetti più importanti che ha costruito una corazza, ma che riesce demolire in nome di un sentimento che va oltre ogni sua aspettativa. È un tenerone, un gentleman, un uomo profondamente rispettoso della sua compagna nonostante una certa e per niente celata gelosia.
La sua profonda sicurezza si basa su una scala di valori dai quali non può prescindere, principalmente perché vuole proteggere se stesso dal dolore, dalla paura del distacco che sembra cercare, al contrario, per non soffrire. Un armadio a quattro ante, tutto muscoli e pose plastiche che si scioglie nell’imbarazzo quando riceve complimenti, che scruta con occhi sognanti la sua amata, che presta attenzione ai suoi pensieri e alle sue esigenze. Monogamo convinto, si destreggia perfettamente nell’arte di schivare tentativi d’approccio di ex fidanzate e nuovi filarini che manco Alberto Tomba nella discesa che gli valse l’oro a Calgary. Sullo schermo trionfa la trasposizione di un’immagine maschile, meno schematizzata o necessariamente incatenata negli stereotipi di genere.
Divit è la dimostrazione che un uomo può essere dolcissimo come cantava Mina, sa emozionarsi, senza sentirsi defraudato della sua virilità, può essere coinvolto in una relazione tanto quanto una donna, è in grado di mostrarsi nelle sue fragilità senza dover dissimularle con l’atteggiamento da duro. Sì, dunque all’uomo che non deve continuamente rimarcare la sua mascolinità, che soffre e non lo nasconde, che non è padrone, che ha compreso che lo stereotipo maschilista della soggetto maschio ha stancato. Un plauso meritatissimo al regista Çağrı Bayrak (sciairi bariak) e scusate la pronuncia. Inutile dire quanto il fascinoso Can Divit sia amato ovunque, perché incarna l’ideale di compagno, fidanzato, marito. Ma non per tutte.
Da uno stereotipo sbriciolato ad un altro ancora pesantemente radicato nelle menti di molti, anzi, di molte. Sono tantissimi i profili Instagram dedicati al moderno Rodolfo Valentino e con somma sorpresa ho realizzato che alcuni (molto pochi in realtà), criticano fortemente il personaggio. La definizione più bizzarra e più comune attribuita allo stilosissimo Can Divit è SOTTONE. Vi leggo qualche tweet:
“Can Divit, per gli amici sottone”
“Non so decidere se è più sottone Can Divit o Can Yaman”
“Come potete osservare, Can sottone Divit…
“Can Divit non sei sottone, sei proprio un caso disperato”
“E il premio al miglior sottone va a…Can Divit”
“Can Divit stai raggiungendo livelli da sottone imbarazzanti. Riprenditi”
“Se l’essere sottone fosse una materia, Can Divit sarebbe il primo della classe”.
Sottone uguale a persona sottomessa ad un’altra, completamente soggiogata dal sentimento, dall’attrazione fisica ed emotiva. Tendenzialmente è un termine con accezione positiva, quasi affettuosa, per quanto fastidioso possa risultare alle orecchie, ma in alcuni casi è l’emblema di una concezione maschilista del rapporto sentimentale. Fa specie che siano soprattutto e ancora le donne ad usarlo.
Sottone perché? Semplice : un uomo è obbligato a mantenere l’immagine del dominatore, fondamentalmente non può permettersi di abbassare le proprie difese in nome di un amore, tantomeno rinunciare al proprio posto al sole, non è contemplato negli annali del perfetto macho. “Non si può vedere un uomo così. Le palle dove le ha messe? Che razza di uomo sei?”
Alcuni simpaticissimi soggetti non possono proprio perdonare al Can della tv gli occhioni da pesce lesso quando posa lo sguardo sulla sua Sanem, figuriamoci se volesse mai confessare di sentire le farfalle nello stomaco al solo sentirla accanto…e qui parte una sottile e arguta citazione della puntata in cui Sanem regala a Can un origami a forma di farfalla, realizzato con le sue manine.
E ci risiamo: lei ha licenza mielosa di gesti, azioni e atteggiamenti ad alto tasso zuccherino, lui manco pe’ gnente.
Perché è maschio.
Perché gli uomini possono essere solo cattivi, autoritari e pure un po’ maleducati.
Questi soggetti passano allegramente sopra al fatto che porti capelli lunghi raccolti in uno chignon (n.d.r. pare che l’acconciatura sia annoverata ormai tra le più sexy mai viste su maschia testa) al mignolo all’insù quando afferra il cellulare o porta alla bocca il bicchierino a tulipano colmo di the turco, ma che non osi mostrare l’assoluto abbandono alle emozioni, per carità!
Can Divit ha il pregio di rappresentare contemporaneamente e amabilmente l’uomo alpha e l’uomo beta, in una mezcla perfecta di alfabeto greco e due definizioni tristemente stereotipate del genere maschile. Sa essere deciso e determinato, ma anche capace di profonda autoanalisi e riflessione, se ne facciano una ragione tutti quelli (femminucce comprese) persuasi che un vero uomo sia solo quello rude e impulsivo, quello della birrozza e rutto libero, incapace di un gesto gentile.
Inutile dire quanto anch’io sia rimasta stregata dal personaggio e dalla serie stessa, che ha un’ottima regia e che ho trovato divertente, spiritosa, intensa e sinceramente irresistibile. Per non parlare poi dei piatti della cucina turca che prossimamente proverò a riprodurre a casa. Per la cronaca in una settimana ho visto tutte le puntate, metà delle quali in lingua originale con sottotitoli in italiano. Non paga, ho voluto sapere di più sull’attore Can Yaman. Fatto ricerche, letto e ascoltato interviste registrate in Italia e all’estero. Per chi non lo conoscesse ancora è nato a Istanbul 31 anni fa, avvocato, studente eccellente, parla perfettamente 4 lingue, pure la nostra, studiata in un liceo italiano da lui stesso scelto, pratica diversi sport, ha creato una linea di abbigliamento, è un ecologista, animalista e non ama essere definito solo bello. In effetti il talento del ragazzo è palpabile, in alcune scene di DayDreamer è stato estremamente intenso, emozionante, al punto tale che pure il Maestro Ferzan Özpetek ha voluto incontrarlo recentemente e non ha nascosto l’intenzione di dirigerlo nel suo prossimo lavoro.
Non è tutto fumo e niente arrosto, c’è dell’autentica sostanza, è giusto sottolinearlo.
Can Yaman ppare visibilmente infastidito quando, durante alcune interviste tv, vengono riproposte sequenze delle serie tv che lo riprendono quasi sempre mezzo ignudo ed è pure capitato anche che abbia criticato la scelta degli autori, con sottile ironia, ma mai sgarbato. Antidivo per eccellenza, si lascia strapazzare e stropicciare dai fan ovunque vada, disponibile con tutti, soprattutto se in cambio di un selfie o di un autografo, gli viene offerta della cioccolata di cui è ghiottissimo. Segnatevelo.
Insomma, pure il Can vero, a suo modo, tenta di sovvertire un’idea statica imposta dalla società che vuole i belli senza contenuti come il vuoto a perdere. Anche gli uomini vogliono sapere di essere apprezzati per il proprio lavoro, per le idee, le capacità, più che per il mero aspetto esteriore, per quanto come nel suo caso, sia dirompente.
È che non siamo ancora abituati a pensarci, la nostra mente viaggia su percorsi già battuti. Sei sei bello sei scemo, se hai la quinta di reggiseno non sai fare niente, se ti occupi di tuo figlio sei un ominicchio, se figli non ne vuoi sei una donna inutile.
Fateci caso, anche voi ogni tanto, anche in modo inconsapevole, inconscio, parlate e ragionate per stereotipi, capita anche a me ed è per questo che lavoro, mi impegno, anche attraverso questo podcast, perché vengano abbattuti al più presto.
È così interessante perdersi in sentieri mai violati, imparare ad apprezzare ciò che di nuovo i nostri occhi e la nostra mente possono percepire. Cambiare la visione del mondo e lasciare che le persone possano esprimere la propria essenza senza pregiudizi, è un obiettivo ancora lontano da raggiungere, ma possibile.
Possiamo farcela. Si può discutere, condividere, ascoltare anche andando oltre le immagini imposte e soprattutto oltre gli stereotipi.
Oltre i bicipiti c’è di più, vero Can bay?
Link della puntata: